
Le ricerche dei premi Nobel per la medicina di quest’anno creano i presupposti per cure alle neoplasie
Quest’anno il Nobel per la medicina è condiviso da ben tre scienziati differenti per nazionalità, formazione scientifica ed estrazione culturale, ma le cui ricerche sono accomunate dal focus che hanno posto sul metabolismo cellulare. Il titolo del Nobel che hanno vinto William Kaelin, Gregg Semenza e sir Peter Ratcliffe è: “la scoperta di come le cellule percepiscono e si adattano alla disponibilità di ossigeno”.
Metabolismo, ossigeno e Nobel
La vita, così come la conosciamo, ha sostanzialmente bisogno di ossigeno per sostenersi. Questo è l’elemento che i mitocondri all’interno delle cellule utilizzano per trasformare il cibo in energia, attraverso i meccanismi del metabolismo. Per sopravvivere, le cellule devono regolare i propri processi metabolici in funzione dell’abbondanza di ossigeno disponibile.
Proprio per lo studio di questi meccanismi sono stati assegnati in passato altri due Nobel. Otto Earburg lo ottenne nel 1931 per la scoperta dell’enzima che trasforma i nutrienti e l’ossigeno in Atp.
Corneille Heymans ha vinto il Nobel nel 1938 per aver identificato i corpi carotidei (nei pressi delle arterie carotidi) e averne compreso il ruolo nel monitoraggio del livello di ossigeno nel sangue.
Metabolismo, ossigeno e processi molecolari
Quando le cellule si trovano in condizione di scarsità di ossigeno si parla di ipossia. Le cause possono essere differenti, ma in tutti, se è possibile, l’organismo cerca di compensare aumentando il ritmo respiratorio.
L’ipossia può anche essere sperimentata solo da alcuni organi o zone circoscritte del corpo, come nel caso di un infarto cardiaco o di un ictus cerebrale. La risposta alla carenza di ossigeno dipende dal nostro assetto genetico, che induce modificazioni differenti organismo per organismo quando questo deve affrontare l’ipossia.
Gregg Semenza
Sebbene si conoscesse da tempo che un effetto di ipossia moderata è l’aumento della produzione dei globuli rossi attraverso l’azione di un ormone chiamato eritropoietina o EPO (erythropoietin hormone).
Gregg Semenza, attivo presso la John Hopkins University dimostrò l’esistenza di specifiche regioni di DNA adiacenti al gene Epo, che in caso di ipossia attivano la produzione dell’ormone.
Sir Peter John Ratcliffe
All’eritropoietina si interessava anche il secondo vincitore del Nobel 2019, ma in veste di specialista di nefrologia. A lui si deve la scoperta che i meccanismi genetici di regolazione del gene Epo non si esplicano esclusivamente nei reni, ma in tutte le cellule dell’organismo.
William Kaelin
Il terzo scienziato è uno specialista della sindrome di Von Hippel-Lindau, rara malattia ereditaria che comporta lo sviluppo di tumori. Le ricerche dei due precedenti scienziati avevano evidenziato il ruolo di una proteina (l’ubiquitina) e di un complesso di proteine denominato Hif (hypoxia-inducible factor) nel regolare la produzione di eritropoietina. Kaelin scoprì un gene denominato Vhl e ne collegò l’espressione e la variabilità ai meccanismi regolatori della risposta cellulare all’ossigeno.
Un Nobel per tre
Le ricerche congiunte dei tre vincitori del premio Nobel per la medicina 2019 hanno fatto luce sui meccanismi con i quali le cellule determinano l’abbondanza o la scarsità di ossigeno e, di conseguenza, avviano la produzione di nuovi vasi sanguigni e di globuli rossi, oltre alla regolazione dell’attività dl sistema immunitario e del corretto sviluppo fetale. L’angiogenesi è anche un meccanismo legato allo sviluppo di alcuni tumori. Conoscerne la regolazione potrebbe quindi portare allo sviluppo di terapie innovative in campo oncologico.